Pubblicato in: Luoghi di Saracena

Turisti a Saracena, in un giorno qualsiasi dell’anno

Di Innocenzo Alfano

Foto di Innocenzo Alfano, 2016

Ogni volta che mi trovo a Saracena mi chiedo che cosa dovrebbe venire a vedere un turista qui in paese. Lo chiedo spesso anche ai miei concittadini, che, per lo più, mi guardano smarriti. Domando cioè a me stesso perché un forestiero dovrebbe decidere di utilizzare una parte del proprio tempo libero – per lui sicuramente prezioso – per recarsi in un luogo del quale non sa nulla. E mentre me lo chiedo mi metto nei panni, e nella testa, di un ipotetico gruppo di turisti, magari di un’altra regione, attratti dal nome esotico della località, il quale rimanda direttamente alle incursioni arabe e agli emirati costituiti nell’Italia meridionale nei due secoli conclusivi del primo millennio dell’era cristiana.

Dunque, arrivati in paese, dopo un lungo viaggio, per prima cosa il gruppo di turisti si reca in Piazza Castello (ne hanno sentito parlare appena scesi dalle auto), immaginando che in una piazza chiamata in quel modo ci sia un castello. D’altronde, per esperienza, loro che vanno in giro per l’Italia sanno bene che in tutti i luoghi così denominati si trova un castello, di epoca più o meno remota. E invece scoprono che lì, in quella piazza di Saracena, non c’è nessun castello, ma un semplice parcheggio per una decina di automezzi, in un contesto architettonico assai eclettico ma soprattutto alquanto degradato. Scontenti, si chiedono: e ora, che si fa? Uno di loro, mentre riflettono, scorge un cartello con l’indicazione di una pinacoteca…

In mezzo al rumoroso traffico veicolare di Piazza XX Settembre chiedono a qualcuno del posto, con gentilezza, di che cosa si tratti e dove si trovi questa pinacoteca. Nessuno, però, riesce a dar loro informazioni precise, e molti dei paesani ai quali essi si rivolgono ignorano persino il significato del termine “pinacoteca”, confondendolo con “biblioteca”. Ma anche quelli che capiscono “biblioteca” non sanno rispondere, non essendoci mai stati. Perciò, tirato fuori un telefonino da uno zaino, i turisti si collegano al sito del Comune e scoprono che la pinacoteca civica, intitolata al pittore castrovillarese Andrea Alfano, contiene una eccezionale – forse unica nel suo genere – raccolta di opere di autori italiani e stranieri della seconda metà del Novecento. Artisti quasi tutti noti in Italia e alcuni di essi celebri anche all’estero. Bingo! Si va dunque a visitare – così pensano – la favolosa Pinacoteca Comunale Andrea Alfano, ospitata nel settecentesco Palazzo Mastromarchi nel cuore del pittoresco centro storico cittadino, nella parte bassa del paese. E, già che stanno per addentrarsi nella kasbah, pianificano altresì di sedersi ad uno dei tanti chioschi che, a loro giudizio, incontreranno lungo il percorso, ed ordinare un bel bicchiere, magari pure qualche bottiglia, del famoso moscato di Saracena. E si incamminano gaudenti verso Via Sette Dolori…

Lo abbiamo detto, sono forestieri e non sono mai stati da queste parti, perciò ora il problema è il seguente: qual è la via Sette Dolori, e qual è il Palazzo Mastromarchi? Potrebbero chiederlo ai residenti delle antiche contrade di Saracena, ma si accorgono, con un certo disappunto misto a sconforto, che le strade del centro storico sono deserte e le case quasi tutte disabitate. E non ci sono chioschi. Il silenzio è il vero inquilino di quei vicoli secolari. Dopo una decina di minuti di attesa, incerti sul da farsi, odono il ticchettio di un bastone. È quello di un’anziana signora che, con molta fatica, sta facendo il percorso opposto, da sud verso nord. I turisti le vanno incontro e le chiedono informazioni sul palazzo di cui sono alla ricerca. La signora glielo indica, e ne approfitta per riposarsi un po’.

Giungono davanti al palazzo Mastromarchi, in Via Sette Dolori. Il portone è socchiuso. Vorrebbero suonare un campanello, ma non ci sono campanelli. Inoltre, sulla facciata del palazzo non c’è nessuna insegna che indichi che lì dentro si trovi un museo. Tuttavia, visto che il portone non è sbarrato, decidono di entrare. Spingono la grande porta di legno lentamente, con circospezione. Dentro è tutto buio, sembra che non ci sia anima viva. È tutto molto strano. Sono all’interno di un antico palazzo come se fossero i proprietari. Si guardano attoniti. Poi uno di loro grida: «C’è nessuno?». In quel momento, dal piano di sopra, sopraggiunge una persona, e informa il gruppetto di forestieri che la pinacoteca è momentaneamente chiusa. Infatti, alle pareti delle sale non ci sono quadri. Chiedono: «E quando riapre?». Risposta: «Non saprei».

Delusi per la seconda volta in neanche un’ora di soggiorno, e piuttosto imbarazzati, i turisti non sanno più che cosa fare, o che cosa vedere. Ci sarebbe, come abbiamo detto, il pittoresco centro storico cittadino, teoricamente ricco di fascino. E il suo fascino, in effetti, ancora ce l’ha, ma l’abbandono delle case da parte dei residenti, e le tante modifiche apportate nel corso degli ultimi sessant’anni – specialmente alle facciate degli edifici –, ne hanno diminuito di molto la grazia originaria. Una grazia che non è ancora andata persa completamente, ma senza un’inversione di tendenza la cosa, questo è più che sicuro, accadrà molto presto.

Prima di tornare alle loro auto, parcheggiate nei pressi della Piazza Castello senza un castello, i turisti notano una strana, bassa e lunga costruzione di cemento ubicata sotto il palazzo della pinacoteca “momentaneamente” chiusa, totalmente avulsa dal contesto che la circonda. Si rendono conto, senza neppure guardarla troppo, che non si tratta di un’opera edilizia medievale, e si chiedono che cosa ci faccia quella bizzarra struttura nel bel mezzo di un paesaggio antico. Ma ormai, per evitare ulteriori scoramenti, decidono che è meglio non porre a sé stessi altri quesiti. E desistono dall’indagare. (Agli stupefatti turisti lo diciamo noi: quell’edificio, inaugurato poco più di dieci anni fa, si chiama Auditorium degli Orti Mastromarchi.)

Il moscato che non hanno potuto bere nel centro storico in assenza di abitanti e soprattutto di chioschi, i nostri simpatici turisti pensano di ordinarlo nei bar del centro città. Sarà, questa, la loro ultima illusione. A Saracena, infatti, paese del moscato passito, vino da meditazione assai rinomato, nessun locale pubblico serve questa squisita bevanda alcolica. E allora, avviliti, ordinano un semplice caffè. Gli aggiungono però molto zucchero, sperando così di addolcire le amarezze di una giornata non esaltante.

P. S. Ritornati nel loro luogo di origine, i nostri sfortunati turisti fanno qualche ricerca e scoprono che a Saracena un castello in effetti è esistito, per almeno tre quarti di millennio, fino a che, tra il 1960 e il 1981, non è stato demolito per far posto ad un… parcheggio! A proposito: quella che gli abitanti di Saracena, da qualche anno, chiamano impropriamente Piazza Castello, dal 1901 è ufficialmente Via Agostino Casini. Prima di tale denominazione, cioè per quasi tutto il XIX secolo, la strada si chiamava Castello. Ma quando si chiamava così, un castello c’era davvero. Ed era un gran bell’edificio.

Autore:

Bruno Corino si laurea con una tesi di laurea su Gli scritti giovanili di Gramsci all’Università di Roma “La Sapienza” nel 1990. Ha collaborato con diverse testate letterarie online. Attualmente insegna storia e filosofia in un liceo romano. Con Greenbooks editore ha pubblicato "Freud e il caso dei lupi. Psicoanalisi ed Etoanalisi", e curato con un saggio introduttivo il racconto di Lev Tolstoj, "La morte di Ivan Illič", e di Edgar Allan Poe "La lettera rubata". Con la Città del Sole edizioni ha scritto la Prefazione al libro di Ippolita Luzzo "Pezzi dal regno della litweb". Da anni cura il blog Scaglie Poetiche. Ha nel cassetto diversi saggi, racconti, e versi, che ora si possono leggere gratuitamente sul suo sito. Racconti: "Rocciacavata", "Il prodigio", "I colori della vita e altre storie (raccolta di racconti brevi)", "Inquietudini d’uno scrittore da giovane (scritti 1981-1991)". Saggi: "“L’aula vuota”. Contro gli idoli perversi della scuola italiana"; "Per un’idea letteraria. Dalla scrittura a stampa alla scrittura a video (Litweb) 1993-2013"; "Il socialismo apollineo di Antonio Gramsci"; "Tutto ciò che è unito si frammenta e si dissolve nella rete. Altri saggi di Etoanalisi"; "Etoanalisi. Analisi delle dinamiche interazionali". Una raccolta di versi: "Immaginazioni musicali". Si è occupato anche di storia locale del suo paese d’origine: "Storia della Saracina. Leggende e miti di paese", "Il feudo della Saracena. Clero e società in un paese della Calabria", "Saracena e i moti insurrezionali in Calabria del 1848", "Saracena e le sue storie".

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